giovedì 8 settembre 2011

Un viaggio nella riviera inglese

Ancora una volta la Gran Bretagna ci regala una novità discografica, fra le più interessanti del 2011.
È il nuovo album dei Metronomy The English Riviera (Because Music, 2011), un lavoro in cui la formazione a quattro guidata da Joseph Mount crea una miscela convincente di rock, elettronica e pop che sta spopolando oltremanica.
Il viaggio di 45 minuti nell'universo dei Metronomy comincia proprio sulla riviera inglese. La title track propone i suoni del mare mentre un quartetto d'archi mente su tutto ciò che verrà dopo.
Siamo ancora sulla spiaggia quando basso elettrico e poco dopo chitarra, synth e batteria ci portano nell'atmosfera di We Broke Free. Ora il suono è decisamente inglese. Chitarra in palm muting e voce filtrata dal chorus ricordano l'Alan Parson Project mentre la batteria riporta alla mente i Radiohead vecchia maniera. La tensione che si crea nelle prime strofe viene rotta bruscamente quando la chitarra distorta trascina il brano in un crescendo dove ben presto ritmo e dissonanze prevalgono.
Tutto cambia quando inizia Everything Goes My Way che ci porta dentro i confini del pop. La voce femminile, irresistibile nei cori del ritornello, canta melodie concise e orecchiabili sopra un'armonia per nulla scontata, e in qualche modo beatlesiana. L'arrangiamento quasi unplugged e il testo ironico la rendono un vero gioiello.
Con The Look comincia a emergere il lato elettronico dei Metronomy. Il brano si sviluppa su un riff di organo tanto semplice quanto trascinante che valorizza la struttura non convenzionale. La ritmica è rinforzata dal suono del guiro che nel video ufficiale è rappresentato da due gabbiani animati in slow motion.
She Wants ci porta su atmosfere più oniriche e dark. Una canzone dalla struttura tradizionale strofa-ponte-ritornello che l'ha resa perfetta per essere il primo singolo estratto dall'album assieme ad un video ben congegnato.
Dopo un minuto di arpeggio di chitarra elettrica parte "Trouble", brano terzinato che dà la sensazione di essere incompleto. Nella strofa e nel ritornello della seconda parte la melodia vocale è sostituita prima con il vocoder e poi con il parlato. Una struttura comunque funzionale al testo, che tratta l'incomunicabilità.
Con The Bay ritorna il tema della riviera inglese. È, anzi, la sua celebrazione. Un brano da ballare all'infinito che ci riporta indietro di qualche decennio. Protagonisti sono basso e batteria che creano una struttura solida in cui cori e synth si sbizzarriscono. Gran finale con assolo di chitarra elettrica (al limite della dodecafonia). Altro singolo, altro video. Loving Arm è elettronica + psichedelia. Il brano è caratterizzato da una atmosfera ovattata grazie al massiccio utilizzo dei sintetizzatori. Un bell'assolo d'organo ricorda i primi Pink Floyd, mentre la voce di Mount canta un testo imperscrutabile.
Altro brano trascinante è Corinne, un power rock con un bel giro di accordi e ancora tanto synth. Dopo due strofe il brano è dominato dal ritornello e da un assolo di chitarra al sapore di rockabilly.
Some Written fa il paio con la succitata Trouble, ma funziona meglio. Merito forse del jazz che la permea soprattutto nel finale: una melodia martellante dove ad un tratto entra persino il kazoo.
Siamo alla fine del viaggio e i Metronomy ci regalano Love Underlined. Un brano di elettropop sperimentale a metà strada fra "Tomorrow Never Knows" dei Beatles e la produzione più orecchiabile dei Kraftwerk. Tripudio di campionatori e finale con clavicembalo (sintetico).
La tentazione di far ripartire il disco è forte ogni volta che finisce. Un consiglio? Attivare la funzione repeat.

Voto: 8/10